Competenza territoriale nel rapporto contrattuale fra Banca e cliente (consumatore)
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 33, lett. u, del Codice del Consumo, introdotto con D. L.vo n° 206 del 6.09.2005, pubblicato nella G.U n° 235 dell’8.10.2005 e in vigore a far data dal 23.10.2005, “Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, … “di strabile come sede del foro competente sulle controversie località diverse da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore”.
Trattandosi di norma processuale, la sua applicazione è estesa anche a cause relative a contratti stipulati precedentemente; la competenza territoriale ivi stabilita, esclusiva ma derogabile, del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, introduce una presunzione di vessatorietà di una diversa clausola che preveda un’altra località come sede del foro competente, salva la dimostrazione, a carico del professionista e la preesistenza alla stipula di una trattativa individuale.
Per completezza si rileva come già prima dell’entrata in vigore del sopra richiamato art. 33, lett u), L.206/2005, la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Sez. Un. n. 14669/03; Cass. n. 377/07; Cass. 4208/07; Cass. 3379/05; Cass. 16574/05) e di merito (tra tutte Tribunale di Venezia 27.09.06) si era consolidata nel ritenere che la disposizione dettata dall’art. 1469 bis, 3 comma, – ora art. 33, lett. u) Cod. Cons. – si doveva interpretare “nel senso che il legislatore, nelle controversie fra consumatore e professionista, ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente, ancorché coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie nascenti da contratto”.
In altri termini già l’art. 1469 bis c.c., nel presumere la vessatorietà della clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio del consumatore, ha introdotto un foro esclusivo speciale, derogabile solo ed esclusivamente con trattativa individuale. Né l’art. 1469 ter c.c. (ora art. 34, comma 3 cod. cons.), per il quale non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge, potrebbe essere interpretato vanificando in modo surrettizio la tutela del consumatore (così Tribunale di Venezia 27.09.06).
Indi, in armonia con la ratio sottesa all’art. 1469 bis c.c., si deve ritenere che per poter derogare al foro di residenza o domicilio eletto del consumatore, il contratto tra un professionista ed un consumatore deve contenere una clausola che sia stata oggetto di trattativa individuale. Sul punto le Sezioni Unite del 2003 hanno osservato come “la formula usata dalla specifica norma che si tratta di interpretare afferma che si presume vessatoria ed è inefficace la clausola che ha come oggetto o per effetto “di stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore”. La disposizione descrive due aspetti: una clausola che abbia come contenuto quello di stabilire la sede del foro competente per la controversia; costituire contenuto della clausola quello per cui, come sede del foro competente, è stabilita località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore. La clausola con questo contenuto si presume vessatoria. La disposizione si presta ad essere letta nel senso che segue. Essa pone in contrapposizione tra loro due fattori: la sede del foro competente, che è individuata attraverso il riferimento alla residenza od al domicilio elettivo del consumatore, e, dall’altro lato, la deroga attuatane mediante lo spostamento della competenza ad un foro diverso, quindi ad un qualsiasi foro diverso, deroga che è bensì consentita, ma è presunta determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Dunque, la norma si presta ad essere interpretata, nel senso per cui essa presenta il contenuto logico di una disposizione che, da un lato, configura il pertinente criterio di collegamento di competenza territoriale, dall’altro ne esclude in linea di principio la deroga, ma, in quanto non la esclude in modo assoluto, indica la condizione alla quale può essere ammessa: ed a questo fine richiede al professionista di provare che nel caso concreto, la deroga non determina squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Se alla disposizione contenuta al n. 19 dell’art. 1469- bis c.c. si presta il significato d’aver anzitutto indicato in quello della sede del consumatore il foro delle controversie che lo riguardano, la norma viene a sostituirsi, nel relativo campo di disciplina, a quelle del codice di procedura che individuano per le controversie nascenti da contratto altri criteri di collegamento. Questa interpretazione valorizza appieno il dato letterale, perché se, in base a questo dato, è vessatoria la clausola che stabilisce il foro competente in località diversa da quella della sede del consumatore, si deve dire che il foro competente non può essere stabilito in nessun altro luogo che sia diverso da quello in cui il consumatore ha sede.
Appare dunque chiarito che anche all’art. 1469 bis c.c. (come successivamente per il dettato di cui all’art 33 lett u) cod cons., sul punto non molto dissimile) doveva essere attribuito – ed è stato attribuito dalle Sezioni Unite del 2003 – il prioritario significato di fissare nella sede del consumatore un criterio di collegamento esclusivo, che si sostituisce a quelli già previsti dal codice di procedura.
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Foto di Tirachard Kumtanom