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Obbligazioni subordinate MPS: condannato l’Istituto di Credito a risarcire il cliente

Obbligazioni subordinate MPS: condannato l’Istituto di Credito a risarcire il cliente

La decisione dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie.

Con decisione n. 2452 del 16 marzo 2020 l’Arbitro per le Controversie Finanziarie ha accolto il nostro ricorso a tutela di un cliente incappato nelle famigerate obbligazioni subordinate, condannando la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. a risarcirgli euro 42.394,16, oltre interessi dalla data della decisione sino al soddisfo.

L’ACF ha anzitutto rilevato che l’intermediario è tenuto a dimostrare di aver fornito “in concreto” tutte le informazioni necessarie per consentire al cliente una scelta consapevole di investimento, non potendosi, dunque, considerare sufficiente – al fine dell’assolvimento dell’onere della prova di avere correttamente adempiuto – l’esibizione di una mera dichiarazione del cliente, apposta oltretutto su un modulo unilateralmente predisposto dall’intermediario, di «aver preso visione» della documentazione informativa e di «aver ricevuto l’informativa sui rischi dell’investimento»”.

E in effetti, come da noi contestato, L’intermediario si è limitato a produrre solo l’ordine sottoscritto dal ricorrente, recante una dichiarazione generica del tipo indicato, e non ha offerto alcun documento attraverso cui dimostrare di aver reso al cliente informazioni puntuali sulle caratteristiche degli strumenti finanziari oggetto del concreto investimento, sulla loro natura subordinata e sul tipo di rischio in tal modo assunto”.

Lo stesso ACF ha poi ritenuto condivisibili le nostre censure a proposito della mancanza di “genuinità” della documentazione della Banca che indicavano come “elevata” l’esperienza assicurativa e finanziaria del nostro assistito. Ciò in quanto “l’età avanzata del ricorrente al momento dell’investimento” (83 anni), “il suo titolo di studio (solo la licenza media superiore), nonché il fatto che il profilo sia stato rilevato appena quattro minuti prima dell’operazione, inducono a ritenere che la profilatura – da cui emerge una conoscenza elevata degli strumenti finanziari – non possa considerarsi “genuina”, ma sia stata condotta opportunisticamente, per far risultare appropriato un investimento che in realtà non poteva essere considerato tale”.

Del resto, in presenza di una informazione precisa sul grado di rischio delle obbligazioni subordinate e di una corretta rilevazione del profilo non solo il ricorrente si sarebbe astenuto dall’eseguire l’acquisto ma sarebbe risultato anche, ove l’ordine fosse stato impartito, il suo carattere non appropriato”.

Pertanto, l’ACF ha concluso ritenendo di dover dare continuità all’orientamento assunto in relazione alle vicende che hanno riguardato l’intermediario nella prestazione dei servizi di investimento aventi ad oggetto il collocamento e la vendita delle proprie obbligazioni subordinate, poi sottoposte alla misura della conversione coattiva nell’ambito dell’operazione di ricapitalizzazione precauzionale necessaria per consentire il superamento della crisi. Ne consegue che il danno deve essere liquidato in misura pari alla differenza tra l’ammontare del capitale investito e quanto il ricorrente avrebbe potuto ritrarre dalla liquidazione delle azioni, in cui le obbligazioni sono state coattivamente convertite, all’indomani della loro riammissione a quotazione, dovendosi altresì detrarre, ove vi sia la prova della loro percezione, le utilità medio tempore conseguite dall’investitore sotto forma di cedole (in quanto si tratta di utilità che egli non avrebbe ottenuto nel diverso scenario controfattuale, caratterizzato da una situazione in cui egli non avrebbe eseguito l’investimento)”.

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Foto di Pixabay

 

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