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Prestito assicurato: contraente muore poco dopo la stipula e l’Assicurazione rifiuta la copertura

Prestito assicurato: contraente muore poco dopo la stipula e l’Assicurazione rifiuta la copertura

Il Tribunale di Pisa dà ragione agli eredi della de cuius.

Siamo nel 2015, una signora stipula presso l’ufficio postale di Pisa con la Compass Banca S.p.A. un contratto di prestito personale (denominato prestito BancoPosta) dell’importo di euro 10.500,00, da restituire in 84 rate mensili di euro 184,74 ciascuna.

Contestualmente, la stessa signora, su indicazione del personale dell’ufficio suindicato, sottoscrive una polizza di assicurazione “vita e danni” del Gruppo Assicurativo Poste Vita che prevede nell’ipotesi di morte dell’assicurato, la corresponsione di un indennizzo pari all’importo residuo del debito.

Pochi giorni prima della scadenza del primo rateo, però, a causa di una improvvisa ed imprevedibile “insufficienza cardiorespiratoria”, l’assicurata muore. Da qui la richiesta degli eredi di ottenere il pagamento del prestito (di fatto nella sua interezza) da parte della Compagnia assicurativa Poste Vita.

Ma Poste Vita non ci sta sostenendo trattarsi di patologia preesistente conosciuta dalla de cuius tale così da escludere la copertura assicurativa.

A questo punto gli eredi non hanno altra scelta che tutelarsi, con la nostra tutela, avanti al Tribunale di Pisa per il riconoscimento della copertura in questione.

Dopo sei anni arriva la sentenza del Tribunale di Pisa n. 1084 del 17 agosto che, in accoglimento della nostra domanda, condanna Poste Vita al pagamento dell’importo oggetto del finanziamento ed alle spese di causa. Il Giudice estensore, Dott.ssa Martina Fontanelli, motiva tale sua decisione prendendo atto sia della documentazione in atti (ovvero della certificazione medica) che dell’istruttoria espletata col medico di famiglia della de cuius, che anche dell’assenza di suoi ricoveri ospedalieri, non comprovanti patologie di sorta. Inoltre lo stesso Giudice valorizza una argomentazione della nostra difesa, ovvero che “ad ogni buon conto, appare comunque condivisibile quanto argomentato al riguardo dagli attori laddove hanno evidenziato come in sede di sottoscrizione della polizza assicurativa non risulti essere stata fornita, a fronte di un modello prestampato in cui con carattere minuto si indicava lo stato di “buona salute”, una adeguata informativa sulla portata di questa clausola con richiesta specifica di patologie eventualmente esistenti al fine di poter valutare il rischio, dovendo altrimenti, in ossequio appunto ai canoni di correttezza e buona fede, desistere dalla conclusione di un contratto oneroso o comunque valutare diversamente il rischio morte. Né d’altra parte Poste Vita ha articolato mezzi di prova finalizzati a dimostrare di avere invece adeguatamente assolto al proprio obbligo informativo”.

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Foto di Antoni Shkraba

 

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