Sentenza sulle azioni illiquide: Banca di Pisa e Fornacette condannata a risarcire il risparmiatore
La vicenda è ormai (tristemente) nota: moltissimi risparmiatori hanno acquistato azioni della Banca di Pisa e Fornacette sotto forma di quote sociali.
Purtroppo tali titoli si sono ben presto dimostrati illiquidi, ovvero invendibili sul mercato regolamentato, né comunque riacquistabili dallo stesso Istituto di Credito. Il che ha comportato un vero e proprio danno per gli investitori che erano stati indotti all’acquisto dal personale della Banca di Pisa e Fornacette in quanto veniva loro garantito che l’operazione era valida e sicura e che avrebbero potuto vendere dette azioni in ogni momento. Al contempo, lo stesso personale della Banca sottolineava il carattere mutualistico dell’investimento in quanto la Banca di Pisa e Fornacette finanziava l’economia del territorio e comunque nella peggiore delle ipotesi l’Istituto avrebbe riacquistato tali titoli, per cui non vi era il rischio di perdere l’investimento effettuato (oltreché, in diversi casi, veniva comunicato ai clienti che avere in portafoglio tali titoli avrebbe loro dato diritto ad ottenere condizioni più vantaggiose su tutti gli altri servizi bancari, quali fidi, mutui, ecc.).
E per uno dei nostri assistiti, dopo l’infruttuoso tentativo di definire la pendenza a seguito della decisione positiva dell’Arbitro per le Controversie Finanziario (a cui la Banca di Pisa e Fornacette si era rifiutata di adempiere), ci siamo rivolti al Giudice di Pace di Pisa (trattandosi di un investimento di euro 10.000,00, limite di competenza per valore di tale Giudice).
Ed il Giudice di Pace di Pisa, con sentenza del 7 novembre 2023, ha accolto la nostra domanda e condannato la Banca di Pisa e Fornacette a risarcire al cliente la somma investita di euro 10.000,00, oltre agli interessi maturati ed alle spese di causa. In particolare, significativo un passaggio della decisione in questione che evidenzia la violazione da parte della Banca di Pisa e Fornacette della normativa in materia: “Deve, in effetti, condividersi la qualificazione della natura illiquida delle azioni emesse dalla Banca convenuta, posto che, vertendosi su titoli azionari ormai da tempo pacificamente illiquidi (come dedotto dall’attore, e non contestato dal resistente ed emerso per tabulas), gravava sullo stesso Intermediario l’onere della prova che, alla data dell’operazione di investimento, fosse esistita l’asserita condizione di liquidità, non essendo, per converso, bastevole, al fine di giustificare di un esonero dallo specifico obbligo informativo, una generica allegazione. Tali considerazioni rivestono carattere assorbente degli ulteriori profili di doglianza, radicando di per sé la responsabilità della convenuta sia nella fase precontrattuale -per mancata consegna del documento informativo e del prospetto dei rischi completo per poter strutturare la proposta contrattuale rispetto al profilo, con il fine di costruire una volontà consapevole; difetto di acquisizione delle informazioni necessarie in ordine alla situazione finanziaria del cliente)- che scaturisce dalla violazione di specifici obblighi (buona fede, protezione e informazione) posti, ex art. 1337 c.c., a carico delle parti nella fase delle trattative, che nella fase nella fase di esecuzione dell’investimento, derivante da condotte contrarie agli obblighi informativi e di trasparenza- illiquidità dei titoli, titoli collocati al fuori dal mercato regolamentato, conflitto di interessi) ex art. 1218 c.c.”.
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